Se ci viene chiesto dove eravamo l’11 settembre del 2001 esattamente nel momento in cui a New York due aerei si schiantavano sulle Torri Gemelli provocando l’attacco terroristico più disastroso di tutti i tempi, tutti ricordiamo distintamente cosa facevamo e il luogo in cui ci trovavamo. E’ un esempio di flash bulb memory (memoria fotografica), un ricordo focalizzato su un evento specifico e dotato di particolare rilevanza che si configura così vivido e intenso da sembrare una foto perfetta del fatto. Peculiarità della memoria fotografica è la facilità di rievocazione dell’evento, più facilmente accessibile in virtù della sua distintività ed eccezionalità. Tuttavia, anche ricordi di questo genere non sono immuni da errori. Ad esempio, avremmo difficoltà a recuperare tutti i particolari del contesto originale e qualora ci riuscissimo sarebbero imprecisi e soggetti a significative distorsioni. Ciò è stato dimostrato da diversi studi che hanno evidenziato come, con il trascorrere del tempo, i ricordi di eventi eccezionali siano sempre meno precisi. Ed è tale imprecisione che rende la memoria uno strumento instabile e difficile da gestire in molte situazioni. Eppure ci si affida costantemente ad esso. I ricordi umani rappresentano un elemento di grande rilevanza in numerosi contesti. Ci si affida al flusso dei pensieri non solo nella nostra quotidianità per rievocare situazioni, emozioni, fatti personali ma anche in ambito giuridico per fatti pubblici e di interesse collettivo. Pensiamo agli interrogatori in caserma o ai processi in aula. La ricostruzione del fatto ad opera dell’imputato o dei testimoni costituisce il perno su cui si basa l’iter processuale. E non sono pochi i casi di condanne sbagliate a causa di testimonianze poco accurate o addirittura di scambi di persona. Il testimone oculare, che senza dubbio rappresenta un elemento fondamentale per la risoluzione di un caso, può essere soggetto a pericolosi abbagli. Molte ricerche hanno mostrato un’alta frequenza di errori nell’identificazione di persone sospettate di crimini. Elizabeth Loftus, psicologa americana, ha dimostrato, ad esempio, l’enorme impatto esercitato dalle armi sulla ricostruzione dell’evento. Se assistiamo a una rapina, la nostra attenzione sarà totalmente catalizzata sull’arma da fuoco o da taglio in mano al criminale e presteremo meno attenzione ad altri particolari dell’evento, compreso l’aspetto fisico del malvivente. La stessa Loftus ha dato inizio a un filone di studi sul cosiddetto “effetto dell'informazione sbagliata” (per l’esattezza, post-event misinformation effect, ossia l’effetto di un’informazione fuorviante fornita dopo l’evento) e ha portato conferme al fatto che se i soggetti ricevono falsi dettagli su un evento cui hanno assistito sviluppano ricordi distorti. Le sue ricerche hanno anche rilevato il potere esercitato da certe tipologie di domande nel recupero di un evento vissuto. Di qui l’importanza della correttezza e neutralità delle domande poste in sede di interrogatorio. Una loro errata formulazione da parte degli inquirenti o dei procuratori può influenzare il processo di rievocazione delle informazione e causare distorsioni rilevanti nella ricostruzione del fatto. E’ stato evidenziato come anche la modifica di una piccola parte di una frase, come l’articolo, possa aumentare la probabilità di alterazione del ricordo.
La fallibilità della memoria è un problema ancora più rischioso quando a testimoniare sono i bambini perché più vulnerabili all’influenza degli altri. In particolare, sono stati evidenziati tre elementi che potrebbero determinare la costruzione di un falso ricordo: l’effetto del pregiudizio dell’intervistatore, che si verifica quando chi sta interrogando prende in esame una sola ipotesi; l’effetto delle induzioni degli stereotipi, dove chi pone la domanda la formula in maniera tale da ottenere conferma dell’idea che si è fatto; l’effetto di domande ripetute, per cui se a un bambino viene fatta più volte una stessa domanda egli tende a cambiare la risposta.
Un altro fattore di distorsione potrebbe essere lo stress anche se ancora c’è poca chiarezza al riguardo. Alcuni studi hanno mostrato che uno stress elevato in fase di codifica o recupero dell’informazione rende più difficile la rievocazione, altri hanno rilevato invece una maggiore accuratezza del ricordo. Tuttavia, non è possibile trascurare che la memoria di un evento, specie se traumatico, è soggetta all’influenza di numerosi fattori (emotivi, cognitivi, relazionali). Inoltre, essa è inevitabilmente influenzata dal significato che attribuiamo agli eventi. Ad esempio, secondo lo psicologo Frederic Bartlett sono degli schemi a guidare il processo di rievocazione del ricordo. Questi schemi sono temi generali che ricaviamo dalla nostra esperienza e che producono una distorsione sul modo in cui le nuove informazioni sono interpretate e rievocate. Il ricordo viene, cioè, a essere il risultato di una ricostruzione basata su esperienze precedenti.
E’ chiaro che, alla luce di tutta la letteratura scientifica sulla memoria, non possiamo prescindere in sede giudiziaria da un’attenta riflessione sulla sua potenziale fallibilità. La nostra mente è facilmente influenzabile e, nonostante lo straordinario potere che madre natura le ha conferito, è soggetta a distorsioni che il professionista forense non può trascurare. Il suo meccanismo è imperfetto e di questo si deve sempre tener conto anche quando la testimonianza appare verosimile e adatta a incastrarsi all’interno del puzzle in costruzione. Casi di errori giudiziari a causa di scambi di persona o di ricordi imprecisi non sono rari, soprattutto in processi in cui mancano prove concrete a carico degli imputati. Questo perché spesso non si tiene nella dovuta considerazione il complesso intreccio di fattori che può portare a una testimonianza distorta.
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