“Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”. La risposta che un giorno la regina della favola ebbe fu assai deludente e scatenò un’ira così profonda da far passare delle brutte avventure alla povera Biancaneve. Questo perché lo specchio magico non poteva mentire. Ciò che rifletteva era la verità e niente di più. Lo specchio è per antonomasia l’immagine della realtà e, per quanto deformante possa essere, non può ingannare su ciò che costituisce il tratto essenziale della figura riflessa. Non a caso nella cura del corpo ci si relaziona costantemente ad esso, quasi fosse il mentore esclusivo della nostra “opera d’arte”.
Ma il topos dello specchio è fortemente radicato anche nella tradizione artistica e letteraria. A volte ne è il protagonista (pensiamo al mito di Narciso), a volte semplice strumento, veicolo di immagini, allegoria di fantasie reali. Ogni critico d’arte sa che qualsiasi opera si trovi davanti ha a che fare con la personalità dell’autore, in quanto ne esprime le passioni interiori e la vivacità intellettuale. Tuttavia, essa riflette anche la specifica realtà storica in cui nasce e può addirittura anticiparne le tendenze, con uno sguardo al futuro.
Immergendomi nei meandri delle teorie estetiche, sono rimasta estremamente colpita dalla teoria dell’arte come specchio della realtà messa a punto dal filosofo e sociologo tedesco György Lukács, ungherese del 1885, autore di molti lavori in disparati settori, tra cui spicca su tutti Storia e coscienza di classe, ma anche L’anima e le forme e La distruzione della ragione. La sua influenza nell’ambito della riflessione estetica e della critica letteraria si concretizza, però, in opere come Teoria del romanzo, L’Estetica, Saggi sul realismo, dove elabora un’interpretazione dell'arte fondata sul concetto di realismo. Una concezione di matrice marxista che, nonostante numerosi difetti che non starò qui a esaminare, reca forti suggestioni e consente al critico estetico di assumere una diversa consapevolezza del rapporto tra opera artistica e realtà.
Credo che gli esperti d’arte, di qualsiasi settore (letteratura, cinema, teatro), trovino in Lukács non solo forti suggestioni ma anche un profondo motivo di riflessione e di critica. La sua concezione realistica si oppone sia a quella “naturalistica”, che intende riprodurre la perfetta copia fotografica della realtà, sia al “formalismo”, che aspira a realizzare la perfezione delle forme prescindendo dalla realtà.
Secondo Lukács, invece, l’arte, esattamente come la scienza, rispecchia “la totalità della vita umana nel suo moto, nel suo svolgersi ed evolversi”. Lo strumento di cui si avvale è il “tipico”, che non va confuso con la media statistica di ciò che accade nella nostra quotidianità, anzi ne è esattamente l’opposto. Il “tipo” artistico è l’essenziale di un’epoca storica e possiede la capacità di cogliere le tendenze di sviluppo di una società: “solo se lo scrittore sa e intuisce esattamente e sicuramente che cosa è essenziale e che cosa è secondario, egli sarà in grado, anche sul piano letterario, di dare espressione all’essenziale e di configurare, a partire da un destino individuale, il destino tipico di una classe, di una generazione, di un’epoca intera. E se lo scrittore abbandona questo criterio di misura, va perduto con esso il mutuo rapporto vivente tra privato e sociale, tra individuale e típico”.
Proprio in quanto rispecchiamento fedele della realtà, l’arte è in grado di andare al di là delle opinioni etico-politiche di un autore. Esemplare il caso di Balzac, legittimista cattolico in politica e fondamentalmente reazionario, ma al tempo stesso capace di leggere e rappresentare realisticamente il volto della sua epoca, esprimendo un pensiero progressivo e contrario alle sue stesse idee politiche.
La teoria dell’arte come rispecchiamento della realtà oggettiva reca un chiaro influsso shakespeariano, di gran fascino e straordinariamente efficace nel veicolarne il senso: tutti i grandi artisti realisti, dice Lukács, hanno obbedito al comando di Amleto, ossia tenere davanti agli occhi uno specchio e con l’aiuto dell’immagine rispecchiata promuovere l’evoluzione dell’umanità.
L'arte, dunque, come specchio magico della realtà, motore del progresso e dello sviluppo storico.
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