Perchè Musica delle Sfere?

Devo all'affascinante teoria pitagorica l'ispirazione del titolo di questo blog. Secondo il filosofo di Samo, il movimento dei corpi celesti è regolato da leggi geometriche, risultando perciò armonico e perfetto. Muovendosi, gli astri emettono una musica sublime e celestiale, definita "armonia delle sfere", che l'orecchio umano non può percepire a causa dell'assuefazione, un fenomeno psicologico che rende inavvertito alla coscienza un suono continuo. Il richiamo alla sapienza antica vuole essere il punto di partenza di un diario online che propone una riflessione, e se vorrete un dibattito costruttivo, su eventi significativi per il percorso storico e umano. La mia ambizione è mettere a disposizione uno spazio dove ogni fatto che ci riguardi possa essere analizzato sotto la lente delle scienze dell'uomo.



venerdì 16 marzo 2012

I MEDIA E LA FALSA COSCIENZA

Dentro una dimora sotterranea a forma di caverna, …, pensa di vedere degli uomini che vi stiano dentro fin da fanciulli, incatenati gambe  e collo, sì da dover restare fermi e da poter vedere soltanto in avanti…Alta e lontana brilli alle loro spalle la luce d’un fuoco e tra il fuoco e i prigionieri corra rialzata una strada. Lungo questa pensa di veder costruito un muricciolo…Immagina di vedere uomini che portano lungo il muricciolo oggetti di ogni sorta sporgenti dal margine, e statue e altre figure di pietra e di legno…Esamina ora, ripresi, come potrebbero sciogliersi dalle catene e guarire dall’incoscienza… che uno fosse sciolto, costretto improvvisamente ad alzarsi, a girare attorno il capo, a camminare e a levare lo sguardo alla luce… Che cosa credi che risponderebbe, se gli si dicesse che prima vedeva vacuità prive di senso, ma che ora, essendo più vicino a ciò che è ed essendo rivolto verso oggetti aventi più essere, può vedere meglio?”. È questo l’estratto della narrazione del mito della caverna, uno dei più noti racconti platonici, con cui si apre il VII libro della Repubblica. Platone è stato uno dei primi ad affrontare il problema della conoscenza, ossia il processo attraverso cui definiamo e comprendiamo le cose che esistono al di fuori della nostra soggettività e questo mito ne rappresenta la più suggestiva allegoria. La conoscenza umana, secondo il filosofo ateniese, si sviluppa  sulla base di idee universali, entità immutabili e perfette, di cui gli oggetti del mondo non sono altro che copie, o imitazioni imperfette. Le idee sono le essenze archetipe delle cose, condizione della loro stessa pensabilità ed esistenza. E finché non saremo in grado di scorgerle, rimarremo incatenati, proprio come gli schiavi della caverna, alla nostra ignoranza e all’oscurità. Soltanto sciogliendo questi “lacci” potremo attingere la vera realtà e contemplare la luce del sole.

La conoscenza del mondo, dice Platone, è affetta dalle nostre percezioni sensoriali, fallaci e ingannevoli, ma anche da convenzioni e significati condivisi relativi al mondo esterno. Gli scienziati sociali hanno parlato, a tale proposito, di “costruzione sociale della realtà”. Questa teoria è stata sposata anche da molti studiosi delle comunicazioni di massa, secondo i quali i significati attribuiti alla realtà non sono altro che costruzioni sociali. Esattamente come i prigionieri nella caverna, le esperienze che noi facciamo riguardano, per la maggior parte, un mondo mediato, non la realtà vera e propria.

Una delle teorie di comunicazione più esemplificativa in tal senso è l’agenda setting.
Che cos’è un’agenda? È una lista di temi che consideriamo elencati in una gerarchia di importanza. L’ipotesi venne elaborata da Maxwell E. McCombs e Donald L. Shaw, alla fine degli anni Settanta, in una ricerca sull’informazione prodotta durante la campagna presidenziale americana del 1968 e sulla percezione dell’importanza dei vari temi da parte degli individui. Ne risultò una relazione molto forte tra l’attenzione data dai media ai temi della campagna elettorale e il livello di importanza  attribuito dagli elettori a quei temi; si riscontrò, inoltre, che gli elettori prestavano attenzione a tutte le notizie politiche a prescindere che esse provenissero o meno dal candidato preferito. Si scoprì, in sostanza, che i media riescono a far corrispondere i propri messaggi con gli interessi del pubblico.
Ciò non vuol dire che gli organi di comunicazione siano capaci di convincere gli individui ad adottare un particolare punto di vista, ma fanno in modo che essi considerino alcuni temi più importanti di altri. In pratica non ci viene detto cosa pensare in merito a un argomento, ma ci viene detto a cosa pensare. Ecco come l’agenda dei media diventa l’agenda del pubblico. Il pubblico è portato a ritenere che ciò di cui parlano i giornali, le tv, i media in generale, siano i temi più importanti e li inseriscono nella loro agenda personale. Già Cohen nel 1963 aveva detto: “ … la stampa può, nella maggior parte dei casi, non essere capace di suggerire alle persone cosa pensare, ma essa ha un potere sorprendente nel suggerire ai propri lettori intorno a cosa pensare”.  Infatti : “L’ipotesi dell’agenda setting non sostiene che i media cercano di persuadere […] i media descrivendo e precisando la realtà esterna presentano al pubblico una lista di ciò intorno a cui avere un’opinione e discutere. L’assunto fondamentale dell’agenda setting è che la comprensione che la gente ha di gran parte della realtà sociale è mutuata dai media.”(Shaw1979).


Quella dell’agenda setting è una solida tradizione di ricerca ed è quantomai attuale. Pensiamo, ad esempio, ai conflitti internazionali. Cosa ci viene in mente? Beh, immediatamente l’Afghanistan, l’Iraq, forse la Libia. Perché non l’Africa? Dove sanguinose guerriglie quotidiane sconvolgono innumerevoli regioni. Perché si parlava tanto delle atrocità commesse da Saddam Hussein ma non si menziona la dittatura monocratica della Corea del Nord? Pensiamo poi ai nostri telegiornali imbottiti di cronaca nera e rosa, tant’è che finiamo per pensare che il problema del giorno sia scoprire davvero se zio Michele ha ucciso la povera nipotina e come andrà a finire questa o quella love story, piuttosto che ciò che non viene detto. Crediamo di conoscere, di sapere tutto, di avere il controllo della realtà. Invece, non sappiamo proprio niente. Siamo come gli schiavi di Platone, prigionieri di un mondo fittizio.
Gli individui costruiscono la propria agenda in conseguenza di ciò che è presente nell’agenda dei media. Questo significa che noi non sappiamo se ciò che quotidianamente i media ci offrono nel loro bouquet sia realmente la notizia o l’argomento più importante. Ciò di cui i media non parlano finisce semplicemente per non esistere e qui si cela il potere degli organi di comunicazione e di coloro che ne hanno accesso, un potere che in modo invisibile e apparentemente innocuo indirizza le nostre coscienze e il nostro orientamento collettivo.

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