Perchè Musica delle Sfere?

Devo all'affascinante teoria pitagorica l'ispirazione del titolo di questo blog. Secondo il filosofo di Samo, il movimento dei corpi celesti è regolato da leggi geometriche, risultando perciò armonico e perfetto. Muovendosi, gli astri emettono una musica sublime e celestiale, definita "armonia delle sfere", che l'orecchio umano non può percepire a causa dell'assuefazione, un fenomeno psicologico che rende inavvertito alla coscienza un suono continuo. Il richiamo alla sapienza antica vuole essere il punto di partenza di un diario online che propone una riflessione, e se vorrete un dibattito costruttivo, su eventi significativi per il percorso storico e umano. La mia ambizione è mettere a disposizione uno spazio dove ogni fatto che ci riguardi possa essere analizzato sotto la lente delle scienze dell'uomo.



martedì 10 aprile 2012

L'UNIVERSO: REALTA' O ILLUSIONE?

I sensi sono lo strumento di mediazione tra noi e l'universo in cui viviamo. Gli occhi ci permettono di vedere oggetti, forme, colori. Attraverso il tatto possiamo sentire la morbidezza, la ruvidità, il calore. L’olfatto ci consente di percepire odori. Il gusto di assaporare le cose. Sono una specie di estensione del corpo, degli utensili preziosissimi che ci mantengono connessi con la realtà. Potremmo parlare dei cinque sensi come di una finestra meravigliosa che offre una sconfinata veduta su un paesaggio meraviglioso, il nostro mondo. Nella sua interezza e in ogni suo dettaglio. Almeno questo è quello che tutti crediamo.

L’errore che gli uomini commettono è quello di ritenere la realtà effettiva sotto il loro totale controllo. E questo in virtù di un preteso dominio della conoscenza, radicato nella nostra natura. Crediamo di sapere tutto e di poter, in ragione del possesso del sapere, fronteggiare l’esperienza esterna. Ma siamo davvero sicuri che la realtà esterna sia tale quale noi la percepiamo? Non è detto, infatti, che ciò che appare sia ciò che effettivamente è. Siamo sicuri che la materia percepita dai sensi e poi elaborata dal nostro cervello sia quella che crediamo di conoscere?
L’uomo, sin dai primordi, si è sempre interrogato sulla natura delle cose. Non è un caso che la gnoseologia, ossia la teoria della conoscenza, sia una delle branche più estese della filosofia. Kant alla fine del Settecento elaborò una dottrina gnoseologica per certi versi rivoluzionaria, ponendo i fondamenti di una nuova epistemologia che desse sostegno al filone scientifico galileiano-newtoniano. In quella che egli stesso definì "una Rivoluzione copernicana in filosofia" capovolse i rapporti tra il soggetto conoscente e l’oggetto. Secondo il filosofo di Konigsberg, non è l’uomo ad adattarsi passivamente all’oggetto nel processo conoscitivo ma è l’oggetto a modellarsi sulle sue strutture conoscitive. La realtà si plasma e si adatta alle forme a priori attraverso cui noi la percepiamo.
E’ nota la distinzione kantiana tra fenomeno e noumeno. Il fenomeno è l’unica realtà conoscibile per l’uomo, ma essa non è il noumeno, ossia la realtà in sé. Ciò non vuol dire, dice Kant, che ciò che ci appare, ossia il mondo fenomenico, sia un’illusione, una mera parvenza. Il fenomeno può essere definito, con tutta certezza, un oggetto reale, ma può essere considerato tale solo in relazione al soggetto conoscente. E' come se noi sapessimo di indossare, sin dalla nascita, delle lenti di color azzurro. In tal caso, pur essendo consapevoli che il mondo circostante non è realmente azzurro, potremmo asserire con tutta certezza che per noi lo è. E per noi sarà sempre azzurro, dalla nascita alla morte, anche se poi sappiamo che la realtà in sé, ossia la realtà considerata indipendentemente dalle nostre forme a priori che la filtrano, è diversa ed è per noi inconoscibile.
L’io penso kantiano è il fondamento non solo della natura ma anche della disciplina scientifica che la studia, tant’è che il filosofo definisce l’io "il legislatore della natura": gli oggetti esterni, ovviamente, non vengono creati dalla mente ma sono, per così dire, sintonizzati con le nostre modalità conoscitive. Possiamo conoscerli sul piano fenomenico, ma non possiamo carpirne l'essenza.

Schopenhauer si spinse ancora oltre e arrivò ad affermare che la realtà è sogno, è ciò che gli antichi indiani chiamavano “velo di Maya”. Celebre, a questo proposito, il passo che riprese dagli antichi testi dei Veda e dei Purana “E’ Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista , né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra che egli prende per un serpente”. I Veda, infatti, consideravano l’esistenza come una specie di illusione ottica. Già Platone, nell’antica Grecia, aveva affermato che “gli uomini non vivono che in un sogno”. Pindaro disse che “l’uomo è il sogno di un’ombra”. Infine, Shakespeare: “noi siamo di tale stoffa, come quella di cui son fatti i sogni, e la nostra breve vita è chiusa in un sonno”.

Al di là della visione della vita come sogno e illusione, è comunque plausibile l’ipotesi che la realtà non sia quella che tutti i giorni constatiamo empiricamente. Se fossimo sprovvisti dei nostri sensi e delle nostre strutture conoscitive, non potremmo percepire la realtà esterna oppure essa apparirebbe completamente diversa. Alcuni animali, ad esempio i cani, percepiscono il mondo in bianco e nero; altri, come i pipistrelli, hanno scarse capacità visive e si orientano nello spazio emettendo ultrasuoni che, rimbalzando contro gli oggetti, fanno sì che possano “mappare” l’ambiente come avessero incorporati dei radar biologici. Noi esseri umani, invece, siamo stati predisposti a percepire le cose in una certa forma ed estensione e a percepire il mondo come un insieme di colori. Ma la materia reale, l’oggetto noumenico, è totalmente diverso ed è al di là di ogni immaginazione e pretesa conoscitiva.

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